Il cipresso comune o mediterraneo, anche noto con il nome botanico Cupressus sempervirens, è una conifera appartenente alla famiglia delle Cupressaceae. Nonostante sia una pianta molto diffusa in Italia, specialmente nelle campagne toscane, con molta probabilità non è autoctono: le sue origini vanno ricercate nell’Iran e nell’area del Mediterraneo orientale (Creta, Rodi, Siria). Sarebbe stato poi importato, già in epoca antichissima, in Italia dai Fenici e dagli Etruschi, per motivi ornamentali. La sua riproduzione spontanea e la facile adattabilità a tutti i tipi di terreno lo ha portato a prosperare un po’ ovunque nelle zone caratterizzate dal clima mediterraneo, anche su terreni aridi e fino ad un’altezza di circa 700/800 metri sul livello del mare.
Botanica
Il cipresso è un albero sempreverde che raggiunge in media i 25 metri di altezza, ma negli esemplari più vecchi può arrivare anche oltre i 50 metri. Possiede un tronco diritto e robusto, di colore grigio-bruno, e una chioma molto variabile a seconda delle diverse varietà: può essere di forma conico-piramidale, spesso ramificata fin dalla base del tronco con rami eretti (si tratta della varietà pyramidalis o stricta) oppure possiamo avere un tronco per buona parte libero da rami ed una chioma espansa con rami quasi orizzontali (varietà horizontalis). Il suo legno è spesso utilizzato per la costruzione di mobili in quanto è molto duro e ha un odore fortemente aromatico, che aiuta a preservarlo dalle tarme, dai funghi e dai parassiti.
Le foglie sono di colore verde scuro, molto piccole, ridotte a squame subtriangolari di lunghezza compresa tra 0,5 mm e 1 mm, embricate e appressate ai rametti, che ricoprono completamente. I fiori maschili e femminili, entrambi gialli, sono presenti sulla stessa pianta (che pertanto viene definita pianta monoica); quelli maschili (microsporofilli) sono molto piccoli, disposti all’apice dei rametti e sono composti da verticilli di squame con gruppi di stami sulla pagina superiore. I fiori femminili (macrosporofilli) sono invece di dimensioni più grandi, portati sui rametti con un breve peduncolo e sono formati da poche squame con gli ovuli sulla pagina superiore.
Dopo l’impollinazione, dai fiori femminili si sviluppano delle piccole sfere squamate di colore verde chiaro, chiamate strobili o galbuli; dopo una maturazione lunga due anni, esse cambiano colore diventando marroni-grigiastre, lignificano e si aprono lungo le fenditure delle squame per far cadere i numerosi semi angolosi alati che contengono al loro interno, permettendo così la crescita di nuove piante di cipresso.
Qualche curiosità
Esistono diverse teorie relative al nome botanico assegnato al cipresso. Il sostantivo Cupressus, che indica il genere, sembra derivare dal greco kypàrissos o dal latino Cyprus, in riferimento all’isola di Cipro, come probabile testimonianza dell’origine orientale di questo albero.
Alcune fonti collegano il nome di questo albero alla mitologia greca; infatti, si narra che un figlio di Telefo, di nome Ciparisso, uccise per sbaglio un cerbiatto con un dardo dopo averlo allevato con amore. Distrutto dal dolore, il giovane si suicidò e il dio Apollo lo trasformò in un cipresso, che così è diventato un simbolo collegato alla morte nella tradizione popolare.
Inoltre, la radice della parola cipresso potrebbe trovare la sua origine nell’ebraico gofer, che significa balsamo, a indicare il contenuto di resine della pianta. Più semplice il discorso relativo all’epiteto specifico sempervirens: questo termine allude alla permanenza delle foglie sulla pianta per tutto l’anno.
Il cipresso oggi viene utilizzato per lo più come albero da ornamento, in particolare in Toscana e Umbria, dove si ritrova abbondantemente nelle campagne. Viene abitualmente utilizzato per decorare viali d’accesso alle ville padronali, o per creare viali alberati in generale (famosissimo, ad esempio, quello di Bolgheri). Come ben noto, il cipresso viene normalmente scelto come pianta decorativa dei cimiteri; infatti, è considerato tradizionalmente il simbolo della vita eterna e dell’immortalità, inoltre, le sue radici non interferiscono con le sepolture poiché scendono a fuso nella terra invece di allungarsi in orizzontale come molti altri alberi.
Proprietà terapeutiche: una pianta per tutte le stagioni
Nonostante questa pianta sia prevalentemente apprezzata, come abbiamo visto, per il suo uso ornamentale, in viali o nei dintorni dei cimiteri, essa vanta anche una lunga storia di utilizzo nell’ambito della medicina tradizionale, principalmente nel trattamento della tosse, dell’influenza e dei disturbi della circolazione venosa; l’attività di ricerca scientifica negli anni ha dimostrato che gli estratti di cipresso mostrano numerose azioni farmacologiche, quali ad esempio l’effetto antimicrobico, antiossidante, antitumorale, antinfiammatorio, anticoagulante, epatoprotettivo, etc. Si tratta in genere di studi di laboratorio, i cui ottimi risultati devono successivamente essere confermati da ulteriori prove di efficacia sulla popolazione umana, ma che lasciano ben sperare.
Le parti della pianta utilizzate sono le foglie, la corteccia ma soprattutto le bacche, chiamate comunemente galbuli, da cui si possono ottenere due diverse preparazioni con proprietà farmacologiche importanti: un estratto fluido, ricco di tannini, flavonoidi, alcaloidi ed altri composti biologicamente attivi; e un olio essenziale, principalmente costituito da terpeni quali pinene, limonene e terpinolene. La composizione chimica dei due preparati permette di utilizzare il cipresso per il trattamento di diverse condizioni patologiche, tanto che possiamo spingerci a definirlo una pianta per tutte le stagioni!
Infatti, l’estratto fluido ottenuto dalla macerazione dei galbuli in soluzione idroalcolica si è dimostrato un ottimo alleato per alleviare problematiche che si manifestano con più intensità nella stagione estiva come l’insufficienza venosa, con l’insorgenza di dolore, gonfiore e pesantezza delle gambe, di capillari dilatati sulla superficie cutanea, di varici… Il cipresso, aumentando il tono venoso, esercita un’azione vasocostrittrice, che contribuisce a migliorare la sintomatologia. Proprio in virtù di questa attività farmacologica, risulta utile anche in caso di emorroidi, altra problematica che coinvolge il circolo venoso e in cui la vasoprotezione, la vasocostrizione e l’effetto antiinfiammatorio del cipresso hanno dimostrato un’efficacia significativa. Già nel Corpus Hippocraticum (manuale risalente al IV secolo a.C.), Dioscoride ne diffuse l’impiego per la cura delle emorroidi. Questo effetto, confermato dalla moderna pratica clinica, suggerisce che proprio il cipresso potrebbe diventare una valida alternativa all’intervento chirurgico, per le emorroidi di grado medio.
Ma come abbiamo visto, dai galbuli si ottiene anche un’altra preparazione, mediante apposita distillazione in corrente di vapore: l’olio essenziale. Ricco di terpeni ad attività balsamica, mucolitica, sedativa della tosse ed antiinfiammatoria, risulta un rimedio adatto alle malattie tipiche della stagione invernale, come il raffreddore, la tosse, la bronchite, la sindrome influenzale. Recenti studi hanno evidenziato una potenziale sinergia d’azione con farmaci mucolitici e antibiotici usati in corso di infezioni delle vie aeree. L’olio essenziale viene tradizionalmente usato per inalazione (anche se questa via espone a maggiori rischi di irritazione della mucosa delle vie aeree), per via orale (assorbito su polveri in idonee capsule) o per aerosol in apposite formule farmaceutiche.