Riprende la scuola, e per i genitori torna “l’incubo pidocchi”.
Questi sono piccolissimi parassiti che colpiscono maggiormente i bambini perché hanno maggiori occasioni di contagio: scuola, palestra, ricreazione, momenti in cui è facile che tra i compagni ci si scambi cappellini o sciarpe.
Le specie che possono colpire l’uomo sono 3: il pidocchio del corpo o dei vestiti (Pediculus Humanus Corporis) che è il più importante delle tre specie, ma ormai scomparso nel nostro paese dalla fine della seconda guerra mondiale.
Il pidocchio del pube (Pthirus Pubis) o meglio noto con il nome di piattola (dalla sua forma piatta e sottile) che si trasmette in genere per via sessuale, ma le più rare aggressioni ad ascelle e sopracciglia lo rendono un possibile nemico anche dei bambini.
Infine il pidocchio della testa (Pediculus Humanus Capitis), la specie che più facilmente contagia i bambini a scuola.
Il sintomo più comune che può indicare infestazione da pidocchi è senza dubbio il prurito.
In particolare le zone più colpite da questi parassiti sono la nuca e la zona subito dietro l’orecchio. E’ qui, infatti, che si possono riscontrare le prime lesioni da trattamento, che, a loro volta, possono causare alterazioni cutanee di tipo eczematoso, spesso associate a infezioni batteriche secondarie.
I controlli da parte di genitori (a casa) e di medici, infermieri o maestri (nelle scuole) sono importantissimi per una diagnosi tempestiva volta ad evitare rapidi contagi.
L’indagine deve avvenire nella seguente maniera: scegliere una zona molto illuminata per facilitare la visione del cuoio capelluto; muovere lentamente i capelli e verificare la presenza di uova (lendini) o pidocchi vivi.
Le lendini appaiono come piccoli elementi del diametro di 0.3X0.8mm, di forma ovoidale e di colore bianco giallastro.
Il pidocchio, invece si presenta come un piccolissimo animaletto (dai 2 ai 4 mm) di forma allungata e di colore bianco grigiastro, con due “antennine” sulla testa, un corpo grosso e tozzo con 6 gambe dotate di uncino nella parte finale.
I genitori possono allontanare il rischio pidocchi lavando pettini e spazzole in acqua calda o con prodotti appositi e lavando federe, lenzuola e asciugamani ad alta temperatura (i pidocchi e le uova, infatti, non sopravvivono a temperature maggiori di 53.5°).
Dall’altro lato, le strutture scolastiche devono impegnarsi a considerare la pediculosi come una malattia contagiosa a tutti gli effetti, prendendo tutte le precauzioni previste in questi casi.
Il trattamento avviene sempre in due fasi: la prima per eliminare tutti i pidocchi e tutte le uova, l’altra preventiva (dopo 10/15 giorni) per essere sicuri di uccidere anche le larve che, nel frattempo, sono fuoriuscite dalle uova.
La prima fase (quella di attacco) è caratterizzata dall’uso di sostanze farmacologiche (sotto forma di creme, shampoo o gel) o sostanze naturali (come acqua e aceto o creme a base di timo) utili per sciogliere il legame chitinoso tra capello e uovo.
Anche i prodotti più forti e mirati, però, non assicurano l’eliminazione di tutte le uova; pertanto si rende necessaria una seconda fase in cui ripetere il trattamento per eliminare anche i pidocchi nati da uova rimaste in vita dopo la prima fase di trattamento.
Esistono inoltre lozioni a base di estratti vegetali che creano un ambiente sfavorevole all’insediamento dei pidocchi. Devono essere nebulizzati ogni mattina sui capelli asciutti (da non risciacquare) insistendo in corrispondenza della nuca e dietro le orecchie (non ungono).
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04