L’echinacea, con il suo inconfondibile fiore rosato, è una tra le piante più note sia in ambito ornamentale che salutistico. Il termine Echinacea deriva dal greco echinos (riccio), in riferimento alla struttura dentata dei semi o alle brattee pungenti del capolino, e identifica il genere botanico a cui appartengono tre diverse specie: Echinacea angustifolia, Echinacea pallida ed Echinacea purpurea.
Si tratta di piante medicinali originarie del Nord America, che mostrano una notevole adattabilità a diverse condizioni ambientali; crescono spontaneamente sia nelle zone di pianura che ad alta quota (fino ad oltre 1500 m di altitudine), soprattutto in aree aperte e soleggiate; utilizzate fin da tempi remoti dai nativi americani per le loro proprietà benefiche per la salute, oggi vengono coltivate in molte altre zone, inclusa l’Europa (anche in Italia).
Cenni di botanica
Le Echinacee sono piante erbacee perenni, caratterizzate da un riposo vegetativo invernale: la parte aerea si secca in autunno, poi dalla primavera inoltrata torna a vegetare e fiorisce tra giugno e agosto. Appartengono alla famiglia botanica delle Asteraceae, una vasta famiglia di cui fanno parte molte altre piante ben note, come l’arnica, la calendula, il tarassaco, etc.
Le radici, importanti fonti di principi attivi, sono di forma cilindrica e leggermente a spirale, caratterizzate da solchi longitudinali; vengono raccolte in genere durante la stagione fredda (autunno-inverno), dopo il secondo/terzo anno dall’impianto, per permettere loro di sviluppare un buon contenuto di principi attivi.
Il fusto, di altezza variabile da 50 a 150 cm, ha un portamento eretto, si presenta poroso all’interno, mentre nella parte esterna può essere più o meno peloso, ramificato e rivestito di poche o molte foglie, a seconda della specie. Le foglie, riunite in rosette basali e poi distribuite lungo il fusto, possono presentarsi lanceolate o ellittiche, con margine intero o seghettato (differenti nelle varie specie di Echinacea); generalmente sono provviste di peli.
I fiori, come da caratteristica della famiglia botanica delle Asteraceae, sono riuniti in capolini: questi si trovano all’apice del fusto, su ricettacoli conici, e contengono fiori ligulati (sterili) sulla parte esterna, di lunghezza e tonalità variabili dal bianco-rosato al rosa-purpureo, e fiori tubulosi (fertili) ermafroditi nella zona interna del capolino. In particolare, nella specie Echinacea angustifolia i capolini presentano fiori ligulati più o meno distesi, lunghi fino a 4 cm, con colore che varia dal bianco, rosa al porporino. E. purpurea si distingue, invece, per avere i fiori ligulati di colore porpora, pendenti verso il basso; infine, E. pallida è caratterizzata da fiori ligulati di color rosa pallido.
Il frutto è un achenio quadrangolare, si presenta talvolta con una pigmentazione marrone chiara all’apice ed è fornito di un piccolo pappo piumoso.
Storia e impieghi tradizionali
L’echinacea è originaria delle grandi praterie nordamericane, dove veniva chiamata Elk Root, ovvero “Radice dell’Alce”: sono numerose, infatti, le leggende secondo cui i nativi americani ne scoprirono le preziose proprietà osservando che le alci, quando erano malate o deperite, erano solite consumarne i fiori.
L’Echinacea angustifolia e l’E. purpurea sono le uniche due specie che si trovano all’interno delle prime testimonianze storiche risalenti ai viaggi dei colonizzatori europei in America: E. purpurea cresceva spontanea nella costa orientale degli Stati Uniti, mentre E. angustifolia prevalentemente ad ovest. Non sorprende, perciò, che proprio Echinacea purpurea sia stata la prima specie ad essere menzionata nei loro scritti botanici.
Nell’antichità le popolazioni indigene del Nord America furono le prime a utilizzare l’echinacea per le sue numerose proprietà curative. Si tratta di un rimedio naturale che le tribù di Cheyenne, Sioux e Pawnee hanno usato per secoli, e che poi è stato tramandato di generazione in generazione fino a diffondersi ad altre popolazioni e culture. Si utilizzava questa pianta per contrastare i disagi derivanti dai disturbi più diversi: era considerata un toccasana per la tosse, un valido aiuto per il mal di gola ed un prezioso rimedio analgesico, anti-microbico e cicatrizzante.
Proprio in virtù di queste ultime azioni, l’echinacea era ampiamente usata in caso di mal di denti, tonsilliti e malanni di stagione, ma anche in applicazione sulla pelle per curare ferite e addirittura contro i morsi di serpenti velenosi: il malcapitato che aveva subito il morso veniva immediatamente portato dallo sciamano del villaggio, che si adoperava per far uscire il veleno attraverso piccoli tagli sulla pelle, sui quali poi metteva un impacco realizzato con diverse parti della pianta.
Molte delle caratteristiche benefiche che i popoli antichi attribuivano all’echinacea hanno trovato poi conferma nell’epoca contemporanea, comprovate da diversi studi scientifici. In Europa divenne popolare solo a partire dal XIX secolo; in particolare, fu un medico, il dottor H.C.F. Meyer, a contribuire alla diffusione dell’uso dell’echinacea come medicamento nel mondo occidentale. Brevettò infatti un preparato, denominato Meyer’s Blood Purifier, con cui trattava infezioni localizzate e sistemiche e le comuni sindromi da raffreddamento.
Componenti attivi e proprietà benefiche
A partire dai primi anni del 1900, quando l’echinacea è stata riconosciuta ufficialmente come pianta officinale, il suo utilizzo si è largamente diffuso principalmente per via delle sue proprietà immunostimolanti e antiinfiammatorie. Sempre più numerosi sono stati gli studi scientifici che hanno preso in esame la composizione chimica della pianta allo scopo di individuare i vari componenti responsabili delle attività biologiche.
L’echinacea, come molte altre piante medicinali, non deve la sua azione terapeutica ad un singolo composto bioattivo: si parla di fitocomplesso, ovvero l’insieme delle varie molecole, anche molto differenti tra loro, che sono contenute all’interno della pianta e che partecipano all’effetto biologico complessivo. Infatti, una delle prime molecole isolate e studiate, l’echinacoside, un tempo ritenuto il costituente più importante, si è dimostrato incapace di stimolare l’attivazione di certe cellule del sistema immunitario quando utilizzato singolarmente, privato delle altre componenti del fitocomplesso.
I composti bioattivi sono altamente concentrati nelle radici, tanto che è proprio questa la parte della pianta che viene in genere utilizzata per ottenere estratti da inserire in prodotti ad uso salutistico/medicinale; talvolta, limitatamente alla specie E. purpurea, si utilizzano le parti aeree al posto delle radici.
I principali costituenti chimici del fitocomplesso sono rappresentati dalle alcammidi e dai polisaccaridi (sono le due classi chimiche più studiate e ritenute le più importanti per l’azione immunostimolante), oltre che da polifenoli derivati dell’acido caffeico (come l’echinacoside e l’acido cicorico), flavonoidi e un olio essenziale, presente però in scarsa quantità. Le concentrazioni di questi composti variano a seconda della specie di echinacea considerata: le alcammidi, molto presenti in E. purpurea e E. angustifolia, sono quasi assenti in E. pallida, mentre per quanto riguarda i derivati dell’acido caffeico, l’echinacoside è il costituente prevalente in E. angustifolia e E. pallida, a differenza di E. purpurea, molto più ricca di acido cicorico.
Le proprietà riconosciute a questa pianta sono numerose: è caratterizzata da un’azione antiinfiammatoria, immunostimolante, antiossidante, antivirale, antibatterica. A partire dalla seconda metà del 1900 si è registrato un numero crescente di studi scientifici che hanno dimostrato sperimentalmente queste attività benefiche, sia attraverso test di laboratorio in vitro e in vivo, sia mediante studi clinici in cui il preparato vegetale viene testato sull’uomo. Grazie a tutti questi benefici ormai ampiamente documentati, l’echinacea viene utilizzata per la prevenzione delle malattie da raffreddamento, per alleviare i sintomi del raffreddore e dell’influenza, riducendone la durata e la gravità, oltre che per contrastare infezioni recidivanti (come ad esempio le infezioni sostenute da Herpes virus). Molto diffuso l’uso di prodotti a base di echinacea anche nei bambini, al di sopra dei 3 anni, sotto forma di sciroppi formulati per rinforzare il sistema immunitario nella stagione autunnale e invernale, nonché per alleviare i primi sintomi influenzali qualora si presentino.
Oltre a questi usi ben diffusi, ricordiamo che l’echinacea può essere impiegata anche per uso topico, sotto forma di gel o creme da utilizzare esternamente sulla pelle. Infatti, grazie alle sue proprietà antibatteriche, antivirali e cicatrizzanti, risulta utile per il trattamento di piccole ferite, scottature, dermatiti, o più semplicemente, in campo cosmetico, per donare elasticità e morbidezza qualora la pelle si presenti secca, disidratata, ruvida, screpolata.
Ottime notizie per quanto riguarda la tollerabilità dei preparati a base di echinacea: le reazioni avverse sono pressoché nulle, così come molto limitate le controindicazioni al suo utilizzo: va evitata soltanto in caso di ipensensibilità/allergia specifica nei confronti della pianta e nei pazienti che soffrono di malattie autoimmuni (l’echinacea, per le sue proprietà stimolanti sugli elementi del sistema immunitario, può contrastare l’efficacia della terapia con farmaci immunosoppressori). Esistono pubblicazioni scientifiche che escludono danni al feto in donne che abbiano assunto l’echinacea durante la gravidanza, pertanto si tratta di una pianta che può essere indicata, se necessaria, anche in gravidanza e allattamento; in questi casi, comunque, è sempre preferibile consultare il proprio medico prima di procedere all’assunzione del preparato.
Come si assume?
Nella moderna fitoterapia il gold standard è rappresentato dall’uso di estratti secchi titolati e standardizzati: si tratta di polveri ottenute mediante estrazione dei vari componenti del fitocomplesso della pianta, con opportuni solventi che vengono poi allontanati. I principali composti vengono quindi concentrati e con tecniche analitiche se ne certifica l’esatta quantità presente all’interno dell’estratto.
Per l’echinacea in genere sono alcuni derivati dell’acido caffeico, come l’echinacoside o l’acido cicorico, ad essere titolati, oppure i polisaccaridi (o entrambi). Molti integratori alimentari che troviamo in commercio contengono questo tipo di estratti, spesso associati ad altri estratti vegetali immunostimolanti (Astragalo, Uncaria…) e/o microelementi, come vitamina C, vitamina D, zinco, etc., con cui l’echinacea “lavora” in maniera sinergica.
Talvolta si utilizzano anche estratti semplici (secchi o fluidi), non titolati, quando si presentano difficoltà tecniche nella standardizzazione dei componenti.
Molto diffuse anche le tinture madri di echinacea: sono soluzioni idroalcoliche ottenute da pianta fresca, ricche in polifenoli ad azione antiinfiammatoria (ma non titolate); infine, vengono utilizzati anche il succo delle parti aeree, oppure il decotto delle radici, che si ottiene facendole bollire in acqua per poche decine di minuti.